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martedì 15 marzo 2016

Intervista a... Annalisa Soddu


Ebbene sì, mi autointervisto. Come si suol dire, chi fa da sé fa per tre.

D. Annalisa Soddu, sarda, residente in Campania con marito e figlio, aiuto primario presso una casa di cura per malattie mentali. Un'emigrata?
R. Sì, un'emigrata. Sono partita controvoglia e sono stata malissimo per almeno un anno; poi ho deciso di reagire. Mi sono ricordata di una frase degli scritti bahà'ì "La terra è un solo Paese e l'umanità i suoi cittadini"; perciò da allora, mi considero cittadina del mondo. Mi sono buttata sulla famiglia, sul lavoro, sulle attività per la mia fede, la fede bahà'ì, appunto, su una miriade di interessi che cambiano man mano che l'età avanza, anche perché non ho più la forza di fare cose come per esempio il bricolage o curare le decine di piante che avevo in passato. Inoltre ho ripreso a scrivere dopo due decenni di "silenzio".

D. Hai partecipato a "Poeti per il sociale con "La danza" e "Esodato". Due temi diversissimi tra loro e un po' insoliti rispetto ai contenuti prevalenti nell'evento. Ce ne vuoi parlare?
R. Sì; "La danza" parla di una ragazza zingara, la cui vita è una totale schiavitù. Schiavitù dell'ignoranza, schiavitù delle regole che le impongono di mendicare e prostituirsi; 
schiavitù del non poter decidere se e quanti figli fare, perché asservita al suo compagno (probabilmente altrettanto schiavo, per altri versi). La poesia si chiude, però, con la speranza dell riscatto attraverso le future generazioni, le sue figlie e le figlie delle sue figlie, che forse potranno danzare quella libera danza negata a lei.
"Esodato" è lo specchio di un tristissimo periodo storico, che ha mietuto molte vittime anche nel senso di provocarne la morte; la perdita del lavoro in una età in cui nessuno più ti cerca per lavorare, perdita che spesso ha anche provocato lo sfascio delle famiglie.

D. Cosa ti manca della Sardegna?
R. Oltre gli affetti che vi ho lasciato, mi manca la campagna, più ancora del mare. La campagna è strettamente legata ai miei ricordi di bambina, perché ci andavo spesso con la mia famiglia. Oltre a giocarvi con i miei fratelli e mangiarne i frutti, mi sedevo sulle grandi rocce e contemplavo orizzonti sconfinati, immersa in un silenzio magico e in profumi che solo a ricordarli mi rilasso, tanto erano familiari.

D. Cosa apprezzi di più del luogo in cui sei andata a vivere?
R. La grande capacità comunicativa dei campani, che, volente o nolente, ti costringe ad uscire da quella riservatezza sarda a volte un po' eccessiva, direi "sirbonesca" (cinghialesca), come si potrebbe dire a Nuoro, la mia città natale. Oltre alle bellezze della geografia della regione e l'enorme varietà della saporitissima cucina irpina. Infine, la maggiore facilità a spostarsi, che per la Sardegna è un grosso handicap a causa degli eccessivi costi dei trasporti.

D. Cosa hai in cantiere?
R. Un nuovo libro di poesie, per il quale sto aspettando la prefazione di un professore che stimo molto, e una serie di eventi culturali, il primo dei quali riservato al Gruppo degli Artisti Sardi, da me creato su imitazione del Gruppo degli Artisti Irpini, ideato dal dottor Pasquale Luca Nacca. Spero che agli amici sardi piaccia e partecipino, altrimenti lo annullerò.

D. Grazie per aver inventato e partecipato a Poeti per il sociale!
R. Prego :-P


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Annalisa Soddu  è sarda, risiede e lavora in Campania. Appassionata di ironia, poesia e promozione sociale. Sito web www.annalisasoddu.it

LA DANZA

Ragazzina costretta a tendere la mano
per una moneta, in cambio della vita;
vestita di colori rubati ad altre terre,
i capelli inanellati di scintille di sole.
Ragazzina che vendi la tua danza
per un frammento d'ora di sospiri;
ospiterai ventri sconosciuti
per pochi spiccioli, nelle pieghe delle tue lunghe gonne.
A chi lascerai i tuoi anni,
quando i troppi figli ti avranno lacerata
e avrai sulla pelle ambrata i graffi del tuo uomo;
chi si specchierà nel pozzo profondo dei tuoi occhi scuri.
Nelle tue figlie avverrà la tua storia.
La tua anima nomade accompagnerà i loro passi;
nuovi fiori sbocceranno dalla tua pianta avvizzita,
senza catene sarà la loro libera danza.

(2012 - Pubblicata nell’antologia del I concorso Nazionale di Poesia e Narrativa Di Tracce Per La Meta).

ESODATO

Città che ridi,
città che mi prendi in giro,
m’inghiotti e perseguiti.
Frugo nell’immondizia in cerca di scarti del supermercato;
ho sessant’anni e nessun lavoro.
Ho sessant’anni e nessun amore.
Non c’è un albero che possa regalarmi i suoi frutti,
né campo di grano che mi dia lo scarto delle sue spighe,
dopo le messi.
Non un fiume ove possa lavare il sudore acre del mio corpo,
né usignoli che mi diano conforto.
Non un letto di paglia che possa accogliere le mie ossa pesanti.
La stazione è la mia casa;
a volte il centro di accoglienza, se ha posto.
Nelle vetrine vedo i miei vestiti sporchi:
nessun sorriso il vetro riflette.
Barbone, senzatetto, senza fissa dimora.
Sono un esodato divorziato.
Ma c’è questo cavalcavia qui, che mi attende:
sono 35 metri dal suolo, mi dicono.
Sotto passa l’autostrada.
Sarò una macchia sulla mezzeria.


(2013 – Pubblicata in “Interni”, TraccePerLaMeta editore)
Poesia nata dopo la tristemente famosa riforma Fornero, che mandò in mezzo alla strada tanti lavoratori in età matura, con le tragedie che ne conseguirono.

Annalisa Soddu

2 commenti:

  1. saggio magistrale dell'uso di un potente strumento letterario, che porta il lettore a un'empatia fondata sul naturale richiamo di analoghi ricordi e sentimenti del proprio vissuto. Laconica e straziante a un tempo il ritratto del clochard che fa parte del quotidiano conflitto con la coscienza per ciascuno di noi. Complimenti.

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